La seconda domanda che viene spontanea è: va bene ma di che cosa
parlerai?
Ecco, questa è un ottima domanda.
E tutto nasce proprio da questo cambiamento che un po’ mi è stato
imposto e un po’ mi è capitato.
Non ho mai avuto un lavoro “vero”. Uno di quelli a tempo indeterminato
che, si dice, adesso non esista più.
Ho sempre lavorato da precaria o libera professionista.
Il motivo è semplice, mi sono sempre occupata di teatro e di
educazione, cose che con il “determinato” hanno sempre avuto poco a che fare.
Adesso però mi trovo un po’ a fare i conti con me stessa e a chiedermi,
a trentadue anni suonati: va bene, ma adesso, davvero, cosa vuoi fare? Dove
vuoi andare?
Sì, perché oggi non ci sono più solo io, ma c’è un marito e un figlio.
E le cose cambiano quando c’è una famiglia con cui fare i conti. Si sa.
Nel bene e a volte nel male.
Così, sono passati giorni, mesi, anni da quando ho cominciato e adesso
mi trovo a fare i conti con una società in cui non riesco più a riconoscermi,
con domande che nascano e si fanno più insistenti di giorno in giorno, con
problematiche nuove e diverse da affrontare.
Così, io e mio marito, lentamente, ci siamo accorti di stare cambiando.
È cambiato il modo in cui facciamo la spesa, il modo in cui ci
informiamo, il modo in cui ci relazioniamo con gli altri, il modo in cui
acquistiamo ciò che ci serve e il modo in cui decidiamo se una cosa ci serve
oppure no.
La mia macchina da cucire negli ultimi mesi passa molto più tempo sul
tavolo che nell’armadio, il forno cuoce più spesso torte ma anche pane e
grissini, i vestiti prima di finire cestinati vengono rimodernati e trasformati
più volte.
Ci è venuta una gran voglia di resistere a tutto ciò che ci viene
propinato come invitabile quando in realtà inevitabile non è.
RESISTERE.
Ecco di cosa parlerò.
Di tecniche e strategie di resistenza.
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